22 ott 2023

Il gioco interiore nel Tennis...tavolo!

 


Mi è stato segnalato un libro di psicologia applicata al tennis che potrebbe essere interessante per gli appassionati e tutti i giocatori praticanti (agonisti o no):

Il gioco interiore nel tennis
di Timothy W. Gallwey
©  2023 Mondadori Libri S.p.A., Milano
Titolo originale dell’opera: The Inner Game of Tennis

Contenuto del libro (totale 137 pagine)
Presentazione
Prefazione
Introduzione
1. Riflessioni sull'aspetto mentale del tennis
2. La scoperta dei due Sé
3. Calmare il Sé 1
4. Fidarsi del Sé 2
5. Scoprire la tecnica
6. Cambiare le abitudini
7. Concentrazione: imparare a focalizzare l’attenzione
8. A che gioco giochiamo sul campo
9. Il significato della competizione
10. Il Gioco Interiore fuori dal campo

Anche se il tennistavolo è ovviamente diverso dal tennis, con le dovute distinzioni alcuni concetti potrebbero essere utili in entrambi gli sport e non solo.
Ho quindi raccolto la sfida, ho letto il libro e cerco di ricavarne alcuni spunti che condivido volentieri con i miei lettori, sperando di aprire un dibattito interessante che possa arricchirsi col tempo.

Poiché la mia formazione è tecnica/scientifica (vedi mia bio per i dettagli qui: Chi sono) potrò non essere sempre completamente d'accordo o capire tutte le sfumature del libro, ma cercherò comunque di essere obiettivo e riportare alcuni estratti (che evidenzio in corsivo) in una mia personale selezione che considero più utili.
Se pensate che il libro meriti tutta la lettura completa potete trovarlo facilmente in vendita sui principali store on-line o in libreria.

Il Sé 1 e il Sé 2
L’’autore del libro asserisce che ogni individuo è costituito da una parte razionale, pensierosa (Sé 1) e una parte istintiva, spontanea (Sé 2). Normalmente ogni nostra azione è il risultato di un mix di azioni dei due Sé.
Considerando la funzione specifica di apprendimento dei colpi del tennis (queste considerazioni sono valide anche per altri sport), essa può essere mediata:
- (1) dalle precise istruzioni lette su un libro coadiuvata dalle parole dette dall'allenatore all'allievo durante le lezioni
 oppure
- (2) dalla sola visualizzazione senza aggiunta di commento osservando l’allenatore in azione o da altri video rappresentativi. 

Il metodo 1) è prettamente legato al Sé razionale 1, mentre il metodo 2) è funzionale al Sé istintivo 2.

Secondo Gallwey il metodo 1) è poco funzionale e, a tendere, limita le prestazioni dell’atleta per il fatto che il pensiero, il ragionamento continuo che vorrebbe affinare la tecnica, in pratica ritarda l’esecuzione dei colpi: frena, ostacola il rilassamento e contrazione dei muscoli responsabili del gesto. Pensare mentre si esegue è sbagliato, bisognerebbe fare prevalere sempre il Sé 2 che dovrebbe fluire velocemente ed efficacemente entro di noi senza passare dal filtro costituito dalla mente.
Il gesto atletico dovrebbe quindi essere spontaneo e naturale, quasi automatico come il respirare o correre, azioni diventate col tempo talmente naturali e spontanee per cui non pensiamo continuamente come fare, come posizionarsi, che leve muovere, ecc...
Proprio così: tanto meno il Sé 1 interferisce nel gesto atletico, tanto meglio è per il risultato sportivo.

Sarebbe quindi preferibile costruire dentro la nostra mente una serie di “immagini in sequenza” specifiche per ogni colpo e da richiamare al bisogno durante le varie situazioni di gioco. Queste immagini sono tanto più efficaci allo scopo tanto meglio sono state costruite vedendo semplicemente e solo in azione il maestro oppure un video e quanto più precisamente si avvicina all'ideale di colpo “perfetto”. 

Riporto alcuni passaggi del libro, ripeto segnatamente in corsivo, per chiarire meglio cosa intende l’autore, lasciando al lettore la sostituzione dei termini tennistici con quelli più pertinenti del tennistavolo dove serve e magari guidandolo quanto basta per seguire il filo del ragionamento di Gallwey.  

La ricerca del colpo perfetto:
Per  fare  una  cosa  simile,  nel  tennis  è  necessario  sviluppare  le seguenti abilità interiori: 1) imparare ad avere un’immagine quanto più possibile chiara dei risultati desiderati; 2) imparare ad avere fiducia nel Sé 2, e imparare tanto dai successi quanto dalle sconfitte; 3) imparare a osservare “senza giudicare” quel che sta succedendo, invece di fare caso a quanto le cose stiano andando bene o male. Così si supera lo “sforzarsi troppo”. Tutte queste abilità sono funzionali all'arte dell concentrazione rilassata,  senza  la  quale  non  si  può  ottenere niente.
Per imparare ad eseguire correttamente il dritto, ad esempio, anziché sforzarsi a correggere verbalmente l’allievo con suggerimenti tecnici riguardo la posizione da tenere delle varie parti del corpo, bisognerebbe suggerire di figurarsi l’arco che avrebbe dovuto tracciare la palla per finire più in fondo, prestando attenzione all'altezza necessaria per oltrepassare la rete, e di conservare tale immagine nella mente per diversi secondi.

Da istruzioni verbali a immagini mentali.
E poi lasciare che succeda, come continua l’autore descrivendo la sua tipica esperienza da allenatore: «Non sforzarti di mandare la palla in profondità. Chiedi semplicemente al Sé 2 di farlo e lascia che accada. Se la palla continua a non arrivare in profondità, non fare degli sforzi consapevoli per cambiare la situazione. Lasciati andare e vedi cosa succede».

Lasciamo quindi la parola all'allieva dell'esempio del momento (si chiama Sally): 
«Ho  solo  immaginato  che  la  palla  passasse  circa  sessanta centimetri sopra alla rete e atterrasse vicino alla linea di fondo, e così ha fatto!». Era tanto deliziata quanto sorpresa. Il  dritto  di  Sally  era  cambiato  perché  aveva  dato  al  Sé 2
un’immagine visuale chiara dei risultati che desiderava. Aveva detto al suo corpo: «Fai quello che devi per ottenere questa cosa». Doveva solo lasciare che accadesse.

Troppo bello per essere vero, sto pensando io, e voi lettori? Può bastare studiare solo dei video, anche benissimo fatti, per migliorare tanto nello sport fino a diventare dei campioni? Copiare ed emulare istintivamente questi gesti?La mia personale risposta è che tutto serve, usare sia la parte razionale che istintiva, in un giusto mix, ma che soprattutto all'inizio bisogna guidare l'allievo con istruzioni semplici e chiare. Il tennistavolo è uno sport complesso a mano a mano che ci si eleva, difficile credere per me che dietro a dei gesti efficaci e belli ci sia solo la componente spontanea ed emotiva. Però usare troppe parole e istruzioni ad un certo punto manda in overflow chiunque, quindi bisogna secondo me dosare bene tempi e modi in qualsiasi processo di apprendimento, indipendentemente dalla materia. In certi casi bisogna agire maggiormente sul Sé 1, in altri sul Sé 2; e fortunato chi riesce ad incontrare insegnanti validi che fanno capire all'allievo quando esercitare una parte oppure l'altra, o il giusto mix di entrambe. Perché l'obiettivo ideale e fine ultimo dell'insegnamento sarebbe quello di fornire gli strumenti critici e i metodi affinché gli allievi poi proseguano con le proprie forze il processo di apprendimento che a mio avviso dura tutta la vita. 
D'altro canto il più famoso ballerino di questo mondo, Roberto Bolle, ha affermato nelle sue interviste, che lui ha iniziato proprio così, solo vedendo in televisione i balletti e rifacendo le mosse in diretta. Però poi è andato a perfezionarsi alla Scala di Milano...!
Ma continuiamo.

Avere un’immagine il più possibile chiara dei risultati desiderati è il  metodo  più  utile  per  comunicare  con  il  Sé  2,  specialmente  in partita, quando è troppo tardi per lavorare sui colpi ma è ancora possibile formarsi un’immagine di dove si vuole che finisca la palla, e consentire al corpo di fare il necessario per riuscirci. È essenziale avere fiducia nel Sé 2. Il Sé 1 deve rimanere rilassato, evitando di darsi delle indicazioni su “come fare” e di sforzarsi di controllare i colpi. Mentre il Sé 1 impara a lasciarsi andare, emerge una sempre maggiore sicurezza nell'abilità del Sé 2.
Il Sé 1 deve limitarsi a stare calmo e a osservare i risultati in modo distaccato. Voglio sottolineare ancora quanto sia importante il non sforzarsi in modo consapevole di tenere la racchetta nella posizione corretta.

Una parte del libro è dedicata alla ricerca dell’attenzione continua durante il gioco. Allo scopo sono suggeriti alcuni metodi.

Sapere concentrarsi.
Per focalizzare l’attenzione c’è un facile esercizio  che  ho  chiamato  “rimbalzo-colpo”.  Ho  semplicemente detto ai miei allievi: «Dite la parola rimbalzo ogni volta che la palla colpisce il campo, e la parola colpo ogni volta che colpisce una delle due racchette». Pronunciare queste parole ad alta voce ha dato a me e ai miei allievi la possibilità di sentire se le parole venivano dette in reale  simultaneità  con  i  fatti.  L’allievo  che  diceva:  «Rimbalzo…colpo… rimbalzo… colpo… rimbalzo… colpo…» non solo teneva gli occhi fissi sulle quattro posizioni chiave della palla durante ogni scambio, ma ascoltando il ritmo e la cadenza dei colpi e dei rimbalzi riusciva a restare attento più a lungo. Ogni focus dà risultati simili.

L’esercizio consente al giocatore di ricevere maggiore feedback dalla palla  e  di  tenere  la  propria  mente  alla  larga  dalle  distrazioni.  È difficile  dire  “rimbalzo-colpo”  e  continuare  a  darsi  troppe indicazioni o preoccuparsi del punteggio.
Ho scoperto che nel giro di un quarto d’ora i principianti possono imparare  i  fondamenti  del  movimento  dei  piedi  e  i  colpi  base, sostenendo degli scambi piuttosto lunghi da fondo campo, se il loro Sé  1  è  impegnato  a  tenere  il  conto  dei  rimbalzi  e  dei  colpi.

Bisogna  aumentare  la  propria  consapevolezza  della traiettoria  di  ogni  palla,  sia  in  arrivo  che  in  uscita.  Il  mio  punto preferito  dove  focalizzare  l’attenzione  durante  uno  scambio  è  la traiettoria di ogni singolo colpo, mio e del mio avversario. Noto di quanto la palla supera la rete, la sua velocità apparente e l’angolo di rimbalzo. Osservo anche se questa è in ascesa, in discesa o all'apice nel momento in cui impatta con la mia racchetta.

Lasciate che la palla attragga la vostra mente, riuscirete a rimanere rilassati e a non fare irrigidire i vostri muscoli.

Per agevolare la concentrazione si suggerisce anche di concentrarsi sui suoni emessi dalla pallina durante gli impatti (con la racchetta e col terreno/tavolo): 

Se ascoltate attentamente il suono di una palla dopo l’altra, sarete presto in grado di distinguere diversi tipi di suono. Presto potrete distinguere il suono di un dritto in topspin da un backspin.
Noi giocatori di tennistavolo sappiamo queste cose, ma non tutti fanno caso al suono emesso anche dalle diverse varianti di topspin come ad esempio topspin lento e alto o topspin più basso e veloce, più o meno carichi di effetto, ecc...

Il suggerimento è: Memorizzate  il  suono  e cercate con il corpo di ricreare l’azione precisa che serve a ricrearlo quando serve durante il gioco.

In  sintesi,  cercate  di  diventare  consapevoli  del  vostro  corpo. Apprendete cosa provate nel cambiare posizione e nel muovere la racchetta.  Ricordatevi:  è  quasi  impossibile  vedere  o  sentire  bene qualunque cosa se pensate a come dovreste muovervi. Dimenticatevi i doveri e lasciate che l’esperienza agisca. Nel tennis ci sono solo un paio di elementi dei quali essere consapevoli a livello visivo, ma ci sono molte cose da sentire con il corpo. Ampliare la conoscenza sensoriale del vostro corpo accelererà notevolmente il processo di sviluppo delle vostre abilità.

Ancora sulla ricerca della concentrazione: 
Concentrarsi sulla giuntura della palla  (in alternativa la marca stampigliata sulla pallina da ping pong) vuol  dire  scegliere  un  focus  a  stretto  raggio,  e  può  essere efficace per frenare il nervosismo ed evitare la distrazione di altri oggetti. Il focus è sempre sul qui e ora, nel tempo e nello spazio presenti.
I  maggiori  cali  di concentrazione avvengono quando ci consentiamo di fantasticare su quello che sta per accadere o indugiamo su ciò che è già successo. La mente si lascia conquistare facilmente dai “se”. “E se perdo questo punto?” pensa. “Mi troverò sotto 5 a 3 sul suo servizio.
Allo stesso modo, spesso la mente viene attirata dal passato. “Se il giudice  di  linea  non  avesse  chiamato  fuori  l’ultimo  servizio, staremmo in parità e non mi troverei in un tale casino. Mi è successa la stessa cosa la settimana scorsa, e mi è costata la partita. Mi ha fatto perdere  fiducia  in  me  stesso,  e  ora  sta  accadendo  di  nuovo.  Mi chiedo  perché.”  Uno  degli  aspetti  più  belli  del  tennis  è  che  ben presto il vostro avversario colpirà la palla, riportandovi al presente.
Ma di solito parte dell’energia viene lasciata nel passato o nel futuro e  il  presente  non  viene  visto  con  piena  consapevolezza.  Di conseguenza, l’oggetto sembra sfocato, la palla appare più piccola e veloce, e anche il campo sembra restringersi. Visto che la mente sembra  avere  una  volontà  tutta  sua,  come  possiamo  imparare  a mantenerla nel presente? Con la pratica? Non c’è altro modo. Ogni volta  che  la  vostra  mente  comincia  a  sfuggire,  riportatela delicatamente  al  suo  posto. 

Il valore della vittoria e vero scopo della competizione:
Vincere vuol dire superare degli ostacoli per raggiungere una meta, ma il vero valore della vittoria è grande solo quanto il valore della meta raggiunta.  Raggiungere  la  meta  potrebbe  non  valere  quanto
l’esperienza che si vive impegnandosi al massimo per superare gli ostacoli.  Il  processo  che  si  affronta  per  vincere  può  essere  più appagante della vittoria stessa.
Una  volta  riconosciuto  il  valore  degli  ostacoli  da  superare,  è semplice  vedere  il  beneficio  che  si  può  ottenere  dagli  sport competitivi. Nel tennis, chi dà a un giocatore gli ostacoli che gli servono  per  provare  i  propri  limiti?  L’avversario,  naturalmente!

L’avversario è pertanto un amico o un nemico. È un amico se fa il possibile per renderti le cose difficili, comportandosi da nemico. Può cooperare  solo  entrando  in  competizione  con  te! 
L’avversario ha il dovere di crearti quante più difficoltà possibili, e lo stesso devi fare tu per lui. Solo in questo modo ci si può dare a vicenda  l’opportunità  di  scoprire  fino  a  che  altezze  ci  si  può spingere. 

Sono arrivato pertanto alla sorprendente conclusione che la vera competizione è identica alla vera cooperazione. Ogni giocatore si impegna al massimo per sconfiggere l’altro, ma in questo tipo di competizione non si batte l’altra persona, ma solo gli ostacoli che essa ci presenta. Quando la competizione è reale non ci sono persone sconfitte. Entrambi i giocatori traggono benefici dai loro sforzi per superare gli ostacoli posti dall'altro. 

Come due tori che si scontrano testa  a  testa,  ciascun  tennista  diventa  più  forte  e  partecipa  allo sviluppo dell’altro.

Questo atteggiamento può cambiare notevolmente il modo in cui affrontare una partita di tennis. Innanzitutto, invece di sperare che il vostro avversario commetta doppio fallo (sbagli il servizio), desidererete che metta la sua prima di servizio. 
Il desiderio che la palla sia buona vi aiuterà a raggiungere uno stato mentale migliore per rispondergli. Reagirete più in fretta e vi sposterete meglio, rendendo la sfida più difficile per l’avversario. 
Avrete più fiducia in voi stessi e nel vostro contendente, e  in  tal  modo  riuscirete  ad  anticiparlo  meglio.  A  fine  partita ringrazierete l’avversario per il match, a prescindere da chi abbia vinto, e lo farete in modo davvero sincero.

Come nota conclusiva a questo post voglio dire che il mio personale Sé 1 non lo considero un nemico, anzi senza di esso certi problemi o situazioni non riuscirei mai a risolverli, nemmeno in campo sportivo. Tuttavia ritengo molto utile l'insegnamento di lasciare più spazio alla reazione spontanea, all'istinto e l'invito ad utilizzare altri sensi (esempio l’udito a cui dò normalmente poco attenzione) e la vista, per concentrarsi meglio e in modo complementare come suggerito dagli estratti da libro di cui sopra.

Ho capito e mi sono convinto quindi che buon allenamento, prima della partita, è costituito dal figurarsi mentalmente delle sequenze di immagini che corrispondono sia ai nostri colpi migliori, sia a quelli che dovremmo fare compresi i servizi e le risposte ai servizi. Cercherò sempre di prendermi qualche minuto, seduto magari in un luogo tranquillo per praticare questa tecnica ogni volta che potete ad occhi preferibilmente chiusi.
E poi cercare di concentrarsi sulla pallina rimanendo sul presente, qui ed adesso, dimenticando il più possibile l’influenza del mondo esterno.

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Spero che vorrai condividere le tue considerazioni in merito a questo argomento commentando sotto questo post. 

Grazie per l’attenzione.

P.S. Se ritieni che questo post ti sia stato utile e che magari serva a migliorare il tuo atteggiamento, stile di gioco, potresti sempre offrirmi l'equivalente di una birra tramite paypal per sostenere la crescita di questo blog e invogliarmi a condividere qui altri appunti di tennistavolo. Ma non ti preoccupare, non mi offendo se non mi offri nulla, mi è bastato avere la tua considerazione e attenzione per un po' di tempo.
Buon tennistavolo!
R.

Ti suggerisco di selezionare l'etichetta "psicologia" e andarti a cercare gli altri miei post sull'argomento. Ti riporto i link dei più pertinenti qui sotto per comodità:

18 ott 2023

Si può insegnare la "CAZZIMMA"?




What is CAZZIMMA? 
E cosa c’entra col ping pong?, C’entra, C’entra eccome.

Diciamo che ormai in allenamento sapete eseguire gli schemi, avete padronanza dei colpi, block, topspin, servizio, risposta. Abbiamo capito che i “compitini a casa” li sapete fare, ma adesso iniziano le vere sfide: campionato regionale e  primi tornei.

Siete insomma classificati come ATLETI AGONISTI, si dico a voi, non importa se imberbi adolescenti scattanti e in forma oppure quarantenni e oltre gli “anta” in sovrappeso:  siete in ballo e bisogna lottare, perché voi volete vincere, vero?  Non ho mai conosciuto nessuno che in uno sport di competizione ama perdere: se volete solo fare esercizio fisico per smaltire le tossine del” logorio della vita moderna” fatevi la corsa al parco, non venite a farci perdere tempo in palestra, perché qui vogliamo COM-PE-TE-RE.

Non mi importano le vostre motivazioni che possono più o meno essere valide e nemmeno i vostri obiettivi. Gli obiettivi li definirete strada facendo: D3-D2-D1-C1...B.. A2-A1 Olimpiadi e oltre, chi può saperlo?

Intanto siete in D3 e cercate di iniziare bene con la vostra squadra, aiutatevi e supportate il gruppo, scambiatevi consigli, ascoltate sempre chi è più bravo e poi cercate di applicare. 

Ok, tutto giusto, ma eravate abituati ai compitini; qui adesso nulla è regolare, bisogna improvvisare, cambiare gioco e adattarsi all'avversario, mica davanti avete uno sparring che vi tira le palline tutte belle ordinate secondo lo schema. Eh no, vi piacerebbe!

Certo se non sapete la tecnica di base, difficile farsi strada, ma se oramai questo livello di principiante lo avete superato, adesso dovete saper applicare la grammatica per costruire se non delle poesie, quantomeno delle frasi sensate con le parole (=i colpi del tennistavolo) che avete a disposizione.

Lo rispiego per chi non avesse capito. Le tecniche che avete appreso, i colpi che avete imparato durante gli allenamenti costituiscono la grammatica e gli elementi che dovete utilizzare e ORGANIZZARE in partita; li dovete comporre in modo sensato per creare il vostro gioco, il vostro stile personalizzato.

Certo che poeti (super-campioni!) bravi come ad esempio uno come Jan-Ove Waldner ne nascono uno ogni cinquanta anni; voi aspirate certo ad essere come lui, ma oltre alla fatica, ci vuole un immenso talento e FORZA MENTALE  robette non proprio alla portata di tutti. Intanto però avete già un modello a cui ispirarvi che è un buon inizio: studiate e analizzate le sue partite in dettaglio, non solo lui, anche i suoi avversari mentre ci siete.

Iniziate a fare le prime partite da agonisti e vi sorprendete di come male giocate, di come non riuscite ad esprimere quanto di buono espresso coi compitini di cui sopra. Il vostro gioco, messi sotto pressione, è un insieme di robe disordinate, senza un filo logico, qualche colpo ogni tanto vi riesce, ma troppo spesso sbagliate e vi trovate a testa bassa a raccattare mesti mesti la pallina dal vostro lato del tavolo.

Eppure negli allenamenti e anche nelle partitelle tra pari ve la cavate e vincete spesso, come mai adesso che la posta in gioco è reale e il punteggio conta, stentate così tanto?

“TESTA- TEES-TAAA” vi gridano dall'angolo, ma che vuol dire?

The next level.

Qui inizia la seconda fase dell’evoluzione di un giocatore e mi rivolgo a te che mi leggi e hai iniziato da poco il tuo percorso: se vuoi competere ad un livello decente devi capire che il tennistavolo necessita della parte psicologica, oltre che della parte tecnica. Forse lo sapevi già, qualcuno te ne aveva parlato, ma adesso subisci questa cosa e non sai cosa fare, anche perché la psicologia nello sport è roba seria, troppo preziosa per lasciarla solo ai semplici psicologi.

Se vuoi vincere devi saper dare il meglio di te non solo da un punto di vista tecnico, ma anche dal punto di vista mentale. Questa seconda parte è la più difficile da acquisire e da sviluppare perché mica è facile insegnarla come l’apertura del topspin su palla tagliata. Il cervello è l’organo più complesso dell’universo, ci sono più neuroni nel cervello umano che stelle nella nostra galassia (oddio, magari qualcuno non ne possiede così tanti...!), mentre giochi il tuo cervello deve fare un sacco di cose per tenerti in vita: far battere il cuore, respirare, depurare il sangue attraverso i reni  e altre cosucce del genere. 

Ma ancora visto che sei lì proprio per questo: il tuo organo più prezioso deve dare i comandi per azionare i tuoi muscoli e articolazioni (piedi-gambe-braccia-mani, ecc...) e calcolare al millisecondo i tempi di impatto racchetta/pallina proprio nel modo in cui  vorresti  come quando hai esercitato durante i compitini.

Ad alto livello c’è una professione specifica che si chiama “mental coach” e ha come scopo quello di mettere l’atleta nelle migliori condizioni mentali affinché l’atleta esprima il massimo del suo potenziale.

All'inizio, al basso livello da cui tutti iniziamo, (ebbene si, anche i campioni sono partiti da zero come tutti) bisogna farci crescere dentro quello che i miei amici napoletani chiamano “CAZZIMMA”, termine che può avere sfumatura positiva o negativa.

“La cazzimma comprende mix di concetti che vanno dall'audacia, all'astuzia, all'autorità, ma anche un pizzico di malvagità, e magari di perfidia ai danni di qualcuno, al fine di ottenere un proprio tornaconto.

Ma ancora, se ad un nostro collega di lavoro o anche ad un nostro amico, vorremo consigliare (nella speranza che ce lo abbia chiesto lui e non ci staremmo facendo beatamente i fatti suoi) di prendere di petto la situazione, di rispondere alle accuse o alle offese di qualcuno, di reagire finalmente ai soprusi di un partner o del proprio capo, potremo dire: “Tu devi cacciare un po’ di cazzimma” . Qui, la parola si colora anche di attributi positivi, non tanto di crudeltà ma di scaltrezza, di sicurezza di sé e capacità di cavarsela.

Se avete notato, cambia anche il verbo che accompagna il sostantivo. Se la si “caccia, il significato nascosto è che la natura della persona cui si riferisce sia buona, docile e che però, ad un certo punto nella vita, si renda necessario tirare fuori gli artigli e difendersi.

Se la si “tiene”, allora è meglio non fidarsi tanto della persona cui si sta riferendo, la quale per proprio tornaconto potrebbe facilmente approfittarsi di noi.”

(cit. dal sito: https://grandenapoli.it/la-cazzimma-spiegata-a-chi-non-e-di-napoli/).

Ovviamente io auspico che tu tirerai fuori la cazzimma positiva, quella che ti fa vincere il punto col topspin di dritto dopo aver spiazzato l’avversario, non quella che prende lo spigolo o la retina, quella infatti ha un altro nome.

Già, ma se uno la cazzimma non ce l’ha, come fa a cacciarla fuori?

Si può farla crescere a poco a poco. Qualcuno per talento personale oppure perché ha incontrato dei bravi insegnanti che hanno saputo annaffiare la piantina, farla crescere a poco a poco fino a farla germogliare.

La cazzimma positiva serve a far superare gli esami a scuola, serve a non subire troppo nel mondo del lavoro, a farsi strada nella vita insomma, mica solo nel ping pong. La cazzimma la riconosci nei vincenti, quelli che lottano su ogni punto. Quelli che sanno creare le debolezze nell'avversario, che lo spiazzano con la posizione, che lo confondono con la variazione dello spin, che alternano frequenze e ritmi diversi (anticipo/timing). Quelli che sanno applicare le strategie sulla terza e quinta palla, quelli che cercano di attirarti nelle trappole e non farti giocare come vorresti tu (tu, metronomo appassionato mero esecutore di schemi regolari!).

Quelli che sanno rispondere al tuo servizio in modo sorprendente con un misto di sidespin-push corto che ti costringono ad alzare la pallina e ti flippano in faccia la quarta palla mentre tu volevi schiacciare con la tua terza.

Tutte questo insieme di astuzie e tecniche servono ripeto a metterti nelle migliori condizioni per esprimere il massimo del tuo potenziale.

Per prima cosa bisogna arrivare alla partita sgombri di mente da tante cose che ci affliggono quotidianamente (colleghi str**i, fidanzate/i mogli/mariti qualche volta petulanti, soldi, affitto, ecc...) e pensare solo alla PARTITA. Il vostro universo è li’ quello in pochi metri quadrati verdi che mentalmente ti sei preparato prima ad affrontare (se non lo hai fatto peggio per te!).

Il tavolo, tu e l’avversario, STOP. Tutto il resto non esiste almeno per quei pochi minuti in cui dura la partita. Concentrati sul punto in diretta che stai giocando, il punto passato ormai è andato, al successivo ci pensi dopo.

Ce l’hai una tattica, una strategia di gioco? Non mi dirai che giochi a caso? (Questa considerazione da sola merita una serie di post a parte, ne riparlerò tra qualche tempo.)

Ma come, il tuo colpo migliore è il topspin di dritto e ti trovi a giocare nell'angolo di rovescio? Applica le tecniche che hai imparato. Ma soprattutto: “CAZZIMMA”, cambia gioco, fai qualcosa contro il tuo avversario. Concentrati e non mollare mai, FINO ALLA FINE!

Quante volte hai recuperato da 0-2 a 3-2? Hai registrato le tue sensazioni di quei momenti? Hai sentito l’adrenalina scorrerti nelle vene? Hai saputo chiedere sinceramente scusa all'avversario quando tu hai preso lo spigolo? Hai saputo mantenere la calma quando lui ha preso la retina? Lo hai odiato con tutte le tue forze? Hai desiderato batterlo oppure ti sei impietosito e gli hai concesso chance, sbagliando, perché è più vecchio, più grasso di te e ti fa pena?

In partita devi mettercela tutta e finire contento per le tue prestazioni sia fisiche che mentali. Esplora i tuoi limiti, e sappi che i tuoi limiti mentali sono sempre più grandi di quelli fisici.

Se raggiungi questa consapevolezza sei a buon punto, sai su cosa maggiormente lavorare. Inutile insistere sui soliti schemi ripetitivi, prova qualcos'altro, cambia partner durante gli allenamenti, prova ad attaccare se sei un difensore, a difendere se sei un attaccante, questo aiuta a cambiare punto di vista sulle cose. Sei un giocatore vicino al tavolo, impara a giocare anche da lontano quando serve. Sei un difensore? Prova ad attaccare e sorprendere l’avversario tutte le volte che puoi.

Insomma non specializzarti, soprattutto all'inizio della tua carriera. Nel gioco cerca di essere SORPRENDENTE, FANTASIOSO e ricerca il MIGLIORAMENTO CONTINUO, solo così ne trarrai il massimo giovamento.

Lotta durante tutta la partita. Quando perdi non serve arrabbiarsi, ma cerca di analizzarti e capire il perché:

Perdi contro i più forti, perché sbagliano di meno loro oppure perché ti impongono il proprio gioco? 

Hai sbagliato tu, ma perché? Dopo ogni incontro sia vinto che perso segnati perché è andata bene o male e ripassa spesso queste tue note per gli allenamenti futuri (fisici e mentali). 

Non sai fare il flick di dritto?, allora migliora questa specifica tecnica. 

Pensavi alla guerra in Ucraina? Puoi farci qualcosa? Se no, allora cerca di arrivare con la mente sgombra dai brutti pensieri: RESET, respira tre volte, trattieni il respiro quattro secondi e poi riparti. Usa bene il time-out e le pause varie non solo per rifiatare, ma anche per pensare alla tattica da adottare per utilizzare i tuoi colpi migliori.

Se questa auto-analisi non  l’hai mai praticata sarebbe meglio che iniziassi a pensarci, magari con qualcuno più esperto che ti conosce, dirti come fa lui per concentrarsi e liberare la propria CAZZIMMA. Offrigli una birra ogni tanto e senti i suoi consigli preziosi.

Filmati durante le partite e riguardati. Meglio ancora: riguarda le tue partite con un esperto che ti fa notare cosa serve per migliorare.

Se sarai fortunato e saprai cogliere l’occasione, magari questa strada qualcuno potrà insegnartela, la CAZZIMMA dentro di te ti auguro di trovarla e farla crescere, ma le gambe e la “TEES-TAA” però, mi spiace ma queste devi mettercele tu.

(questo post è dedicato a tutti i miei ex allievi/e che hanno iniziato la D3 nel campionato regionale piemontese 23/24. In bocca al lupo!)

R.



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