Mi è stato segnalato un libro di psicologia applicata al tennis che potrebbe essere interessante per gli appassionati e tutti i giocatori praticanti (agonisti o no):
Il gioco interiore nel tennis
di Timothy W. Gallwey
© 2023 Mondadori
Libri S.p.A., Milano
Titolo originale dell’opera: The Inner Game of Tennis
Contenuto del libro (totale 137 pagine)
Presentazione
Prefazione
Introduzione
1. Riflessioni sull'aspetto mentale del tennis
2. La scoperta dei due Sé
3. Calmare il Sé 1
4. Fidarsi del Sé 2
5. Scoprire la tecnica
6. Cambiare le abitudini
7. Concentrazione: imparare a focalizzare l’attenzione
8. A che gioco giochiamo sul campo
9. Il significato della competizione
10. Il Gioco Interiore fuori dal campo
Anche se il tennistavolo è ovviamente diverso dal tennis,
con le dovute distinzioni alcuni concetti potrebbero essere utili in entrambi
gli sport e non solo.
Ho quindi raccolto la sfida, ho letto il libro e cerco di ricavarne
alcuni spunti che condivido volentieri con i miei lettori, sperando di aprire
un dibattito interessante che possa arricchirsi col tempo.
Poiché la mia formazione è tecnica/scientifica (vedi mia bio
per i dettagli qui: Chi sono) potrò non essere sempre completamente d'accordo o capire tutte le sfumature del libro, ma cercherò comunque di essere obiettivo e riportare alcuni estratti (che evidenzio in corsivo) in una mia personale selezione che considero più utili.
Se pensate che il libro meriti tutta la lettura completa potete trovarlo facilmente in vendita sui principali store on-line o in libreria.
Il Sé 1 e il Sé 2
L’’autore del libro asserisce che ogni individuo è
costituito da una parte razionale, pensierosa (Sé 1) e una parte istintiva, spontanea
(Sé 2). Normalmente ogni nostra azione è il risultato di un mix di azioni dei
due Sé.
Considerando la funzione specifica di apprendimento dei colpi del tennis (queste considerazioni sono valide anche per altri sport), essa può essere mediata:
- (1) dalle
precise istruzioni lette su un libro coadiuvata dalle parole dette dall'allenatore
all'allievo durante le lezioni
oppure
- (2) dalla sola visualizzazione senza aggiunta di commento osservando
l’allenatore in azione o da altri video rappresentativi.
Il metodo 1) è prettamente legato
al Sé razionale 1, mentre il metodo 2) è funzionale al Sé istintivo 2.
Secondo Gallwey il metodo 1) è poco funzionale e, a tendere, limita le prestazioni dell’atleta per il fatto che il pensiero, il ragionamento
continuo che vorrebbe affinare la tecnica, in pratica ritarda l’esecuzione dei
colpi: frena, ostacola il rilassamento e contrazione dei muscoli responsabili
del gesto. Pensare mentre si esegue è sbagliato, bisognerebbe fare prevalere
sempre il Sé 2 che dovrebbe fluire velocemente ed efficacemente entro di noi
senza passare dal filtro costituito dalla mente.
Il gesto atletico dovrebbe quindi essere spontaneo e
naturale, quasi automatico come il respirare o correre, azioni diventate col
tempo talmente naturali e spontanee per cui non pensiamo continuamente come
fare, come posizionarsi, che leve muovere, ecc...
Proprio così: tanto meno il Sé 1 interferisce nel gesto
atletico, tanto meglio è per il risultato sportivo.
Sarebbe quindi preferibile costruire dentro la nostra mente
una serie di “immagini in sequenza” specifiche per ogni colpo e da richiamare
al bisogno durante le varie situazioni di gioco. Queste immagini sono tanto più
efficaci allo scopo tanto meglio sono state costruite vedendo semplicemente e
solo in azione il maestro oppure un video e quanto più precisamente si
avvicina all'ideale di colpo “perfetto”.
Riporto alcuni passaggi del libro, ripeto segnatamente in corsivo, per chiarire meglio cosa intende l’autore, lasciando al lettore la sostituzione dei termini tennistici con quelli più pertinenti
del tennistavolo dove serve e magari guidandolo quanto basta per seguire il filo del
ragionamento di Gallwey.
La ricerca del colpo perfetto:
Per fare una
cosa simile, nel
tennis è necessario
sviluppare le seguenti abilità
interiori: 1) imparare ad avere un’immagine quanto più possibile chiara dei
risultati desiderati; 2) imparare ad avere fiducia nel Sé 2, e imparare tanto dai
successi quanto dalle sconfitte; 3) imparare a osservare “senza giudicare” quel
che sta succedendo, invece di fare caso a quanto le cose stiano andando bene o
male. Così si supera lo “sforzarsi troppo”. Tutte queste abilità sono
funzionali all'arte dell concentrazione rilassata, senza
la quale non
si può ottenere niente.
Per imparare ad eseguire correttamente il dritto, ad
esempio, anziché sforzarsi a correggere verbalmente l’allievo con suggerimenti
tecnici riguardo la posizione da tenere delle varie parti del corpo,
bisognerebbe suggerire di figurarsi l’arco che avrebbe dovuto tracciare la palla
per finire più in fondo, prestando attenzione all'altezza necessaria per
oltrepassare la rete, e di conservare tale immagine nella mente per diversi
secondi.
Da istruzioni verbali a immagini mentali.
E poi lasciare che succeda, come continua l’autore
descrivendo la sua tipica esperienza da allenatore: «Non sforzarti di mandare
la palla in profondità. Chiedi semplicemente al Sé 2 di farlo e lascia che accada.
Se la palla continua a non arrivare in profondità, non fare degli sforzi
consapevoli per cambiare la situazione. Lasciati andare e vedi cosa succede».
Lasciamo quindi la parola all'allieva dell'esempio del momento (si chiama
Sally):
«Ho solo immaginato
che la palla
passasse circa sessanta centimetri sopra alla rete e atterrasse
vicino alla linea di fondo, e così ha fatto!». Era tanto deliziata quanto
sorpresa. Il dritto di
Sally era cambiato
perché aveva dato
al Sé 2
un’immagine visuale chiara dei risultati che desiderava.
Aveva detto al suo corpo: «Fai quello che devi per ottenere questa cosa».
Doveva solo lasciare che accadesse.
Troppo bello per essere vero, sto pensando io, e voi lettori? Può bastare studiare solo dei video, anche benissimo fatti, per migliorare tanto nello sport fino a diventare dei campioni? Copiare ed emulare istintivamente questi gesti?La mia personale risposta è che tutto serve, usare sia la parte razionale che istintiva, in un giusto mix, ma che soprattutto all'inizio bisogna guidare l'allievo con istruzioni semplici e chiare. Il tennistavolo è uno sport complesso a mano a mano che ci si eleva, difficile credere per me che dietro a dei gesti efficaci e belli ci sia solo la componente spontanea ed emotiva. Però usare troppe parole e istruzioni ad un certo punto manda in overflow chiunque, quindi bisogna secondo me dosare bene tempi e modi in qualsiasi processo di apprendimento, indipendentemente dalla materia. In certi casi bisogna agire maggiormente sul Sé 1, in altri sul Sé 2; e fortunato chi riesce ad incontrare insegnanti validi che fanno capire all'allievo quando esercitare una parte oppure l'altra, o il giusto mix di entrambe. Perché l'obiettivo ideale e fine ultimo dell'insegnamento sarebbe quello di fornire gli strumenti critici e i metodi affinché gli allievi poi proseguano con le proprie forze il processo di apprendimento che a mio avviso dura tutta la vita.
D'altro canto il più famoso ballerino di questo mondo, Roberto Bolle, ha affermato nelle sue interviste, che lui ha iniziato proprio così, solo vedendo in televisione i balletti e rifacendo le mosse in diretta. Però poi è andato a perfezionarsi alla Scala di Milano...!
Ma continuiamo.
Avere un’immagine il più possibile chiara dei risultati
desiderati è il metodo più
utile per comunicare
con il Sé
2, specialmente in partita, quando è troppo tardi per
lavorare sui colpi ma è ancora possibile formarsi un’immagine di dove si vuole
che finisca la palla, e consentire al corpo di fare il necessario per riuscirci.
È essenziale avere fiducia nel Sé 2. Il Sé 1 deve rimanere rilassato, evitando
di darsi delle indicazioni su “come fare” e di sforzarsi di controllare i colpi.
Mentre il Sé 1 impara a lasciarsi andare, emerge una sempre maggiore sicurezza
nell'abilità del Sé 2.
Il Sé 1 deve limitarsi a stare calmo e a osservare i
risultati in modo distaccato. Voglio sottolineare ancora quanto sia importante il non sforzarsi in modo
consapevole di tenere la racchetta nella posizione corretta.
Una parte del libro è dedicata alla ricerca dell’attenzione
continua durante il gioco. Allo scopo sono suggeriti alcuni metodi.
Sapere concentrarsi.
Per focalizzare l’attenzione c’è un facile esercizio che
ho chiamato “rimbalzo-colpo”. Ho
semplicemente detto ai miei allievi: «Dite la parola rimbalzo ogni volta
che la palla colpisce il campo, e la parola colpo ogni volta che colpisce una
delle due racchette». Pronunciare queste parole ad alta voce ha dato a me e ai miei allievi la possibilità di sentire se le parole
venivano dette in reale
simultaneità con i fatti. L’allievo
che diceva: «Rimbalzo…colpo… rimbalzo… colpo… rimbalzo…
colpo…» non solo teneva gli occhi fissi sulle quattro posizioni chiave della palla
durante ogni scambio, ma ascoltando il ritmo e la cadenza dei colpi e dei rimbalzi
riusciva a restare attento più a lungo. Ogni focus dà risultati simili.
L’esercizio consente al giocatore di ricevere maggiore
feedback dalla palla e di
tenere la propria
mente alla larga
dalle distrazioni. È difficile
dire “rimbalzo-colpo” e
continuare a darsi
troppe indicazioni o preoccuparsi del punteggio.
Ho scoperto che nel giro di un quarto d’ora i principianti
possono imparare i fondamenti
del movimento dei
piedi e i
colpi base, sostenendo degli
scambi piuttosto lunghi da fondo campo, se il loro Sé 1 è
impegnato a tenere
il conto dei
rimbalzi e dei
colpi.
Bisogna
aumentare la propria
consapevolezza della traiettoria di
ogni palla, sia
in arrivo che
in uscita. Il mio punto preferito dove
focalizzare l’attenzione durante
uno scambio è la
traiettoria di ogni singolo colpo, mio e del mio avversario. Noto di quanto la
palla supera la rete, la sua velocità apparente e l’angolo di rimbalzo. Osservo
anche se questa è in ascesa, in discesa o all'apice nel momento in cui impatta
con la mia racchetta.
Lasciate che la palla attragga la vostra mente, riuscirete a
rimanere rilassati e a non fare irrigidire i vostri muscoli.
Per agevolare la concentrazione si suggerisce anche di
concentrarsi sui suoni emessi dalla pallina durante gli impatti (con la racchetta
e col terreno/tavolo):
Se ascoltate attentamente il suono di una palla dopo l’altra, sarete presto in grado di distinguere diversi tipi
di suono. Presto potrete distinguere il suono di un dritto in topspin da un
backspin.
Noi giocatori di tennistavolo sappiamo queste cose, ma non
tutti fanno caso al suono emesso anche dalle diverse varianti di topspin come
ad esempio topspin lento e alto o topspin più basso e veloce, più o meno
carichi di effetto, ecc...
Il suggerimento è: Memorizzate il
suono e cercate con il corpo di
ricreare l’azione precisa che serve a ricrearlo quando serve durante il gioco.
In sintesi, cercate
di diventare consapevoli
del vostro corpo. Apprendete cosa provate nel cambiare
posizione e nel muovere la racchetta.
Ricordatevi: è quasi
impossibile vedere o
sentire bene qualunque cosa se pensate a come dovreste muovervi.
Dimenticatevi i doveri e lasciate che l’esperienza agisca. Nel tennis ci sono
solo un paio di elementi dei quali essere consapevoli a livello visivo, ma ci sono molte cose da sentire con il corpo. Ampliare la
conoscenza sensoriale del vostro corpo accelererà notevolmente il processo di sviluppo
delle vostre abilità.
Ancora sulla ricerca della concentrazione:
Concentrarsi
sulla giuntura della palla (in alternativa
la marca stampigliata sulla pallina da ping pong) vuol dire
scegliere un focus
a stretto raggio,
e può essere efficace per frenare il nervosismo ed
evitare la distrazione di altri oggetti. Il focus è sempre sul qui e ora, nel tempo e nello
spazio presenti.
I maggiori cali
di concentrazione avvengono quando ci consentiamo di fantasticare su quello
che sta per accadere o indugiamo su ciò che è già successo. La mente si lascia
conquistare facilmente dai “se”. “E se perdo questo punto?” pensa. “Mi troverò
sotto 5 a 3 sul suo servizio.
Allo stesso modo, spesso la mente viene attirata dal
passato. “Se il giudice di linea
non avesse chiamato
fuori l’ultimo servizio, staremmo in parità e non mi
troverei in un tale casino. Mi è successa la stessa cosa la settimana scorsa, e mi è costata la
partita. Mi ha fatto perdere fiducia in
me stesso, e
ora sta accadendo
di nuovo. Mi chiedo
perché.” Uno degli
aspetti più belli
del tennis è
che ben presto il vostro avversario colpirà la palla, riportandovi
al presente.
Ma di solito parte dell’energia viene lasciata nel passato o
nel futuro e il presente
non viene visto
con piena consapevolezza. Di conseguenza, l’oggetto sembra sfocato, la
palla appare più piccola e veloce, e anche il campo sembra restringersi. Visto che la mente
sembra avere una
volontà tutta sua,
come possiamo imparare
a mantenerla nel presente? Con la pratica? Non c’è altro modo. Ogni volta che la
vostra mente comincia
a sfuggire, riportatela delicatamente al
suo posto.
Il valore della vittoria e vero scopo della competizione:
Vincere vuol dire superare degli ostacoli per raggiungere
una meta, ma il vero valore della vittoria è grande solo quanto il valore della
meta raggiunta. Raggiungere la
meta potrebbe non
valere quanto
l’esperienza che si vive impegnandosi al massimo per
superare gli ostacoli. Il processo
che si affronta
per vincere può
essere più appagante della vittoria
stessa.
Una volta riconosciuto
il valore degli
ostacoli da superare,
è semplice vedere il
beneficio che si
può ottenere dagli
sport competitivi. Nel tennis, chi dà a un giocatore gli ostacoli che
gli servono per provare
i propri limiti?
L’avversario, naturalmente!
L’avversario è pertanto un amico o un nemico. È un amico se
fa il possibile per renderti le cose difficili, comportandosi da nemico. Può cooperare solo
entrando in competizione
con te!
L’avversario ha il dovere di crearti quante più difficoltà
possibili, e lo stesso devi fare tu per lui. Solo in questo modo ci si può dare
a vicenda l’opportunità di
scoprire fino a
che altezze ci
si può spingere.
Sono arrivato pertanto alla sorprendente
conclusione che la vera competizione è identica alla vera cooperazione. Ogni
giocatore si impegna al massimo per sconfiggere l’altro, ma in questo tipo di competizione non si batte l’altra persona, ma solo gli
ostacoli che essa ci presenta. Quando la competizione è reale non ci sono
persone sconfitte. Entrambi i giocatori traggono benefici dai loro sforzi per superare gli ostacoli posti dall'altro.
Come due tori che si
scontrano testa a testa,
ciascun tennista diventa
più forte e
partecipa allo sviluppo
dell’altro.
Questo atteggiamento può cambiare notevolmente il modo in
cui affrontare una partita di tennis. Innanzitutto, invece di sperare che il
vostro avversario commetta doppio fallo (sbagli il servizio), desidererete che
metta la sua prima di servizio.
Il desiderio che la palla sia buona vi aiuterà a raggiungere uno stato mentale migliore per rispondergli.
Reagirete più in fretta e vi sposterete meglio, rendendo la sfida più difficile
per l’avversario.
Avrete più fiducia in voi stessi e nel vostro contendente, e in tal
modo riuscirete ad
anticiparlo meglio. A
fine partita ringrazierete l’avversario
per il match, a prescindere da chi abbia vinto, e lo farete in modo davvero
sincero.
Come nota conclusiva a questo post voglio dire che il mio personale Sé 1
non lo considero un nemico, anzi senza di esso certi problemi o situazioni non
riuscirei mai a risolverli, nemmeno in campo sportivo. Tuttavia ritengo molto
utile l'insegnamento di lasciare più spazio alla reazione spontanea, all'istinto e l'invito ad utilizzare
altri sensi (esempio l’udito a cui dò normalmente poco attenzione) e la vista, per concentrarsi meglio e in modo
complementare come suggerito dagli estratti da libro di cui sopra.
Ho capito e mi sono convinto quindi che buon allenamento, prima della partita, è costituito dal figurarsi
mentalmente delle sequenze di immagini che corrispondono sia ai nostri colpi
migliori, sia a quelli che dovremmo fare compresi i servizi e le risposte ai servizi. Cercherò sempre di prendermi qualche minuto, seduto magari in un luogo tranquillo per praticare questa tecnica ogni volta che potete ad occhi preferibilmente chiusi.
E poi cercare di concentrarsi sulla pallina rimanendo sul presente, qui
ed adesso, dimenticando il più possibile l’influenza del mondo esterno.
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Spero che vorrai condividere le tue considerazioni in
merito a questo argomento commentando sotto questo post.
Grazie per l’attenzione.
P.S. Se ritieni che questo post ti sia stato utile e che magari serva a migliorare il tuo atteggiamento, stile di gioco, potresti sempre offrirmi l'equivalente di una birra tramite paypal per sostenere la crescita di questo blog e invogliarmi a condividere qui altri appunti di tennistavolo. Ma non ti preoccupare, non mi offendo se non mi offri nulla, mi è bastato avere la tua considerazione e attenzione per un po' di tempo.
Buon tennistavolo!
R.
Ti suggerisco di selezionare l'etichetta "psicologia" e andarti a cercare gli altri miei post sull'argomento. Ti riporto i link dei più pertinenti qui sotto per comodità:
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